Castello a Mare - Palermo da vedere

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Visita Castello a Mare

E' plausibile supporre che, fin dall'antichità, sulla penisola che dal lato nord chiudeva l'imbocco al porto della città di Palermo, vi fosse un presidio fortificato e che questo, solamente nel periodo della dominazione musulmana, avesse assunto il carattere di fortezza. Di ciò, attualmente, non si possegnotizie precise ed in assenza di approfondite indagini archeologiche sarà difficile confermare quanto la voce autorevole di Fazello, e di altri studiosi prima di lui, ha asserito. Il Castello a Mare di Palermo è menzionato per la prima volta nel Liber de regno Siciliae attribuito ad Ugone Falcando, datato al 1154-1169. Citato nel 1186 come Castrum ìnferior, in opposizione ad un castello supesappiamo che era dotato di un proprio castellano. Una sua prima simbolica rappresentazione, che lo mostra in tutte le sue potenzialità offensive-difensive, compare in una miniaturealizzata a corredo del uè rebus Siculis carmen di Pietro Ansolino da Eboli (1195). Fin dal suo sorgere il castello doveva comprendere ambienti destinati al castellano e alla truppa, il carcere e forse persino una chic-setta. Di certo si sa che gli erano contigue due chiese, una di epoca normanna, aderente alla Cala e dedicata a S. Giovanni Battista (demolita nel 1558 per ampliare il sistema fortificato), ed una verso la città, realizzata da Roberto il Guiscardo su probabili preesirestaurata da Guglielmo II e demolita nel 1834 per pretese servitù del castello. Nel 1272, insieme ad altri 18 castelli presenti Ultra Salsum, figura inserito, insieme al castello superiore di Palermo, nello Statutum Castrorum (elenco dei castelli custoditi dalla Regia Curia), dotato di castellano scuti/ero e sei servientes. Nel XV secolo il castello divenne sede del governo viceregio dell'isola e successivamente dimora dello stesso Viceré (dal 1517 al 1553) per il quale furono realizzati appositi appartamenti: fra le sue mura ebbero i natali i due figli del Viceré D. Ferrante Gonzaga, divenuti in seguito Cardinali. Per poco più di quarant'anni, ed in maniera discontinua, fu sede del Tribunale della Santa Inquisizione, introdotto a Palermo fin dal 1487 da Ferdinando d'Aragona, con le proprie carceri ed una cappella per i condannati a morte. L'evolversi dell'ars fortificatolegata all'avvento delle artiglierie, provocò la necessità di adeguamenti ed ampliamenti delle vecchie strutture che si sarebbero accresciute e modificate fino alla fine del '700 quando, consolidato il potere dei Borboni, il castello rimase strumento di controllo nei confronti della città. Dai primi anni dell'800 fu teatro di moti insurrezionali e nel 1860, identificato dalla popolazione quale simbolo dell'abbattuto governo borbonico, fu preso d'assalto e demolito in alcune sue parti. Con l'unità d'Italia il grande complesso fortificato venne adibito a caserma e svolse tale funzione sino a quando - allo scopo di ampliare le strutture portuali per dare loro respiro sovranazionale - se ne decretò l'abbattimento. Il 3 febbraio 1922 fu stipulata una convenzione fra lo Stato e il Consorzio Portuale per la concessione dei lavori da eseguire. Le operadi demolizione, pur essendo regolamentate dalla legge dello Stato che prevedeva, oltre all'approvazione di un progetto di massima la redazione di un progetto esecutivo da rendere operativo a stralci, avvennero con il solo progetto di massima redatto dall'lng. Simoncini. L'impresa appaltatrice, la Mac Arthur, fu particolarmente solerte nel dare immediato corso all'intervento che, nel giro di poco più di un anno, tra il 1922 e il 1923, fu portato a compimento. Le polemiche sollevate dalle proteste degli esponenti della cultura locale - tra cui l'allora Soprintendente ai Monumenti F. Valenti, il Direttore del Museo E. Cabrici e l'Ing. E. Basile - valsero a sottrarre alla demolizione i soli pochi resti ancora oggi presenti, quasi un campionario della lunga e tormentata storia del castello. A nulla valsero gli sforzi per salvare il Palazzetto del '500, mentre furono sottratti alla distruzione:
- il cosiddetto mastio arabo-normanno, inglobato in un edificio di epoca spagnola e tornato alla luce durante le demolizioni;
- il grande e munito accesso principale attribuito a Ferdinando di Aragona per via della lapide, oggi parzialmente scomparsa, che sormontava il fornice d'ingresso;
- una torre circolare pertinente le strutture del XV secolo, inglobata nel volume del Baluardo di S. Giorgio, insieme ai resti dello stesso baluardo realizzato sotto il regno di Carlo V Imperatore (seconda metà del XVI secolo) epoca in cui si provvide a munire la città di un nuovo sistema di difesa, in oppoalle moderne artiglierie.
Uno spesso strato di detriti occultava alcune delle strutture riemerse nel corso dei lavori realizzati in questi ultimi anni da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo. Fra queste, oltre al rivellino o lunetta, (struttura avanzata oltre il fose i due ponti di cui era nota l'esistenza, particolare attenzione meritano i due corpi avanzati di forma mistilinea (caponiere) rinvenuti ai lati della cosiddetta Porta Aragonese, aperti sul fossato con un fitto sistema di feritoie e relativi ad un momento della vita del castello in cui la funzione stessa del fossato era venuta meno. Lo svuotamento dell'interro del fossato che separava la fortezza dalla città ha consentiinoltre, la messa a nudo, fino alla base, delle strutture del Baluardo di S Giorgio che ha conservato il particolare paramento a bugne; al centro di questo, possente per struttura, un maestoso torrione circolare, forse il quattrocentesco Bastione di San Pietro, emerge ancora oggi mostrando, numerose, le proprie cannoniere. Molto si è potuto fare fino a questo momento per il mastio, sebbene siano stati eseguiti alcuni saggi all'interno volti ad indagare e a chiarire natura ed origine delle strutture. Nell'ambito del progetto di recudell'intero complesso del Castello a Mare si provvedere, in futuro, alla realizzadi più complete e mirate indagini finalizzate alla valorizzazione e al restauro di ogni singolo elemento presente nell'area, tentando di ricomporre in un'unica compagiquanto la storia, purtroppo recente, ha deliberatamente isolato.

Tratto da un depliant del Servizio Archeologico Sopraintendnza BB.CC.AA di Palermo
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